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Nuovo record del debito pubblico ma c’era da aspettarselo: qualche numero per comprendere il quadro generale
17 Giu, 2021

Ad aprile nuovo record storico per il debito pubblico italiano, ma c’era da aspettarselo. Banca d’Italia ha reso noto che nel quarto mese dell’anno l’ammontare del debito pubblico è salito a 2.680,5 miliardi di euro. Per avere un’idea dell’aumento basti pensare che a marzo 2020, ultimo mese in cui i conti pubblici italiani si trovavano in un contesto di ordinaria amministrazione pre-pandemia, il debito delle amministrazioni pubbliche si fermava a 2.433,6 miliardi: un salto di circa 247 miliardi in poco più di un anno. L’esplosione dell’indebitamento si spiega facilmente consultando i numeri del bilancio statale del 2020. Un anno straordinario causato da una emergenza del tutto straordinaria. Nel 2019 il rapporto tra deficit e Pil si era attestato a -1,6%, il valore più basso dal 2007. Nel 2020 ha toccato un profondo -9,5%, il massimo dai primi anni ’90. Valori da epoca precedente il trattato di Maastricht, con un disavanzo primario – la differenza tra le entrate e le uscite del bilancio statale al lordo degli interessi sul debito – del 6,0%. Altro valore eccezionale per un Paese come l’Italia, che dal 1993 ha inanellato un avanzo primario dietro l’altro (tolto il 2009) proprio per contrastare la crescita dello stock di debito pubblico. Attraverso i bollettini trimestrali del Ministero dell’economia e delle finanze è possibile apprezzare quanto di questo aumento del debito sia legato ad un ammontare superiore di titoli di debito emessi sul mercato. Al 31 marzo 2020, un buon indicatore dello stato dei conti pre-pandemia, il totale dei titoli di Stato circolante ammontava a 2.018 miliardi di euro. Il 31 marzo 2021 questa cifra è lievitata a 2.216 miliardi, con un incremento delle emissioni nette (s’intende al netto dei titoli andati a scadenza) pari a 198 miliardi. Fermarsi all’analisi dello stock di debito pubblico porterebbe però a perdere di vista alcuni elementi in grado di mitigare il peso del debito e il rapido incremento registrato durante il 2020.

Per prima cosa la disponibilità liquida del Tesoro, soprattutto grazie all’aumento delle emissioni, risulta essere decisamente più rassicurante rispetto alla primo shock legato alla pandemia. A marzo 2020 il conto disponibilità del Tesoro era sceso ad un allarmante 30,1 miliardi di euro, soli 7 in più rispetto a quei 23 miliardi registrati nel novembre 2011. A maggio 2021 questa voce ha raggiunto i 90,7 miliardi (superando i 100 miliardi in aprile e in febbraio). Per quanto riguarda il costo del debito in sé, ovvero gli oneri finanziari che gravano direttamente sul bilancio dello Stato, questi ultimi a marzo 2021 hanno toccato un minimo storico: lo 0,11% (tasso medio ponderato), in discesa rispetto allo 0,59% registrato nel 2020. Il merito è in primis dei programmi di acquisto della Banca centrale europea, l’App e nell’ultimo anno e mezzo il Pepp (programma di acquisti pandemico), che ha permesso al governo italiano di finanziarsi sul mercato primario senza l’ostacolo della speculazione sul secondario (presidiato dagli acquisti costanti di Francoforte). La Bce, e la Banca d’Italia che acquista per suo conto, ha di fatto assorbito la quasi totalità del nuovo debito emesso. A marzo 2020 Banca d’Italia deteneva 424,3 dei 2.433 miliardi di euro di debito pubblico complessivo, il 17,44%. Alla fine di aprile 2021, dei 2.680,5 miliardi di debito, 600,9 erano in pancia a Palazzo Koch: ben il 22,4% del totale, che a livello aggregato mitiga l’impatto dell’aumento dello stock nominale del debito.

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